Nel periodo compreso tra la fine dell’800 e il primo dopoguerra gli ordinamenti statuali del continente europeo riformularono i presupposti identitari dell’appartenenza e le procedure per giustificarla. Dopo il crollo degli Imperi europei ed ottomano e le conseguenze della Prima guerra mondiale, stabilire la pertinenza di ciascun individuo rispetto al proprio Stato divenne una priorità. Gli stranieri e i migranti, così come le comunità israelitiche e altre minoranze linguistiche, etniche e religiose, furono le prime ad essere interessate da queste misure, e la divisione tra cittadini e non investì sia i paesi belligeranti, sia i neutrali. Sorte sulla duplice esigenza di risolvere problemi specifici e di regolamentare il regime dell’appartenenza in termini generali, le procedure introdotte ricorsero a criteri d’identificazione risultati spesso inadeguati, eppure destinati a particolare persistenza nei decenni successivi e, spesso, ancora presenti nella disciplina dei processi d’integrazione e dei fenomeni migratori. Attraverso l’analisi di casi di studio e grazie agli strumenti metodologici di una “storia delle cittadinanze in pratica”, si tenterà di far emergere i caratteri distintivi di questo processo e di ipotizzare almeno possibili modelli interpretativi.
Cod: 9788893595162
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