Nel 1992 il giornalista scientifico Andrew Revkin coniò il termine “Antropocene” per definire l’era geologica contemporanea, poiché la civiltà umana era ormai diventata la forza predominante di trasformazione planetaria. Quasi negli stessi anni iniziava quel turbinio di accelerazioni tecnologiche e visioni futuribili, tra l’utopico e il distopico, che a quella Terra ne affiancavano un’altra, nuovissima e virtuale, tutta contenuta in una stringa di zero e di uno: stava nascendo il cosiddetto “digitale”. Nei trent’anni successivi, gli studiosi si sono accapigliati sulla liceità di entrambi i termini, proprio mentre l’Antropocene e il digitale hanno di fatto trasceso il campo della teoria per manifestarsi come realtà vera e più che palpabile: le temperature hanno iniziato a salire e gli oceani a innalzarsi, mentre la rete e poi i social network si sono compenetrati alla vita quotidiana fino quasi a sostituirla, con all’orizzonte lo spettro sempre più incarnato dell’intelligenza artificiale. “Antropocene” e “digitale” sembrano ancora oggi due fenomeni contemporanei ma separati, entrambi un intreccio di minacce e possibilità che pendono sulla testa del genere umano. Adam Arvidsson e Vincenzo Luise, sociologi esperti nel campo del digitale e delle sue ripercussioni sulla società, decidono invece di cambiare approccio: in questo saggio, documentato e leggibilissimo, ripercorrono la teoria e la pratica di questi due moloch concettuali, tracciandone i percorsi e individuando i punti in cui le loro traiettorie si incontrano. In questo scrupoloso processo di ricostruzione, sorge a un tratto la domanda: e se fosse proprio il digitale a poter salvare l’umanità dal collasso? Non però il digitale come l’abbiamo visto finora, piegato a mero strumento del capitalismo avanzato, ma il digitale nella sua essenza di rete e trasformazione delle pratiche sociali e comunitarie. Questo nuovo Antropocene digitale sembra un’utopia, ma ha molti più appigli pratici di quello che pensiamo.
Cod: 9791221217186
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