Per definire il dialetto, Zanzotto si è servito più volte dell’espressione che nei Vangeli e nell’Apocalisse designa il messia: logos erchomenos, “parola che viene”, veniente – ha aggiunto – «di là dove non è scrittura né grammatica», parola che rimane per questo «quasi infante nel suo dirsi». Il dialetto non è, cioè, per Zanzotto, una lingua accanto alle altre, ma l’esperienza della stessa sorgività della parola, qualcosa come la struttura stessa del linguaggio nel suo nascere, nel punto in cui il parlante «tocca con la lingua (nelle sue due accezioni di organo fisico e sistema di parole) il nostro non sapere di dove la lingua venga, nel momento in cui viene, monta come il latte». Per questo la pubblicazione di tutte le poesie in dialetto di Zanzotto, qui raccolte insieme per la prima volta accompagnate dalla traduzione in lingua e con in più la straordinaria Ecloga in dialetto per la fine del dialetto, sfuggita alle sillogi precedenti, segna un evento importante nella storia della poesia italiana del Novecento. Se la poesia, secondo il verso di Filò che dà il titolo al libro, non è «in nessuna lingua, in nessun luogo», qui il poeta si misura in uno straordinario corpo a corpo con l’evento preistorico e immemoriale da cui proviene ogni poesia. Anche se non si deve prendere alla lettera l’abiura che Zanzotto nell’Ecloga fa di tutta la sua produzione poetica in lingua («sempre c’era qualcosa di fasullo /in quello che scrivevo in italiano»), è però certo che questo libro inaugura la possibilità di una nuova lettura di uno dei grandi poeti del nostro tempo. Nota introduttiva di Giorgio Agamben. Prefazione di Stefano Dal Bianco.
Cod: 9788822902726
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