In fuga da Hollywood, dal nascente maccartismo e dal fisco, Orson Welles atterrò a Roma nel 1947 e cercò subito di diventare italiano: cenò con Togliatti, corteggiò Lea Padovani, recitò con Totò, progettò film con Scalera e De Laurentiis. Ma l’Italia non lo volle: i produttori si rimangiavano le promesse, i critici più influenti lo denigravano, anche le donne lo piantavano in asso. Dei mille film progettati riuscì a girarne solo uno (però un capolavoro), Otello, dopo la lavorazione più pazza della storia del cinema. E nel 1953, dopo aver litigato con tutti, ripartì. Questo libro ricostruisce i sei anni dell’esilio italiano di Welles, un periodo controverso trascorso fra entusiasmi e incomprensioni, fitto di episodi dimenticati o volutamente accantonati, in cui la personalità esuberante del regista, in perenne ebollizione creativa, fu sottovalutata e avversata in modo sconcertante. Sullo sfondo, l’Italia e il cinema italiano nel loro momento più alto e avventuroso, fra l’avvio della Repubblica e la conclusione del neorealismo. Testo ormai classico della bibliografia wellesiana, Orson Welles in Italia torna in un’edizione interamente rivista e aggiornata, con nuove testimonianze e scoperte, fra cui la sceneggiatura dall’Enrico IV di Pirandello e una Salomé proposta a Peppino Amato. “Mentre a Hollywood Welles con opulenza di mezzi filmava l’opulenza, in Italia era con povertà estrema di mezzi che si filmava la povertà. Come farà a frequentare il verosimile colui che si è forgiato nell’inverosimile?” (dalla Prefazione di Pupi Avati).
Cod: 9788834615201
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