È una proprietà specifica della musica dei Pink Floyd quella di evocare immagini interiori nella mente dell’ascoltatore. Secondo Roger Waters, è proprio questo il motivo profondo del loro successo: la creazione di immagini in grado a loro volta di generarne altre. Ma l’immagine suonata non può non avere un concreto supporto visivo, in primo luogo dal vivo: ed ecco allora gli spettacolari e mastodontici impianti scenografici utilizzati nei concerti più famosi dei Pink Floyd, il trionfo della spettacolarizzazione della musica rock per un gruppo per tanti versi lontano dall’incarnazione degli stereotipi del music business. Importante anche l’evoluzione delle copertine dei loro album, che a partire da atom heart mother si distaccano dal convenzionale prototipo degli inizi psichedelici, incentrato sulle fisionomie dei musicisti, per approdare, anche grazie all’apporto creativo di Storm Thorgerson, all’utilizzo sistematico di immagini emblematiche, volutamente surreali e di difficile decodificazione. Ma è nel rapporto con la settima arte, che attraversa tutta la parabola artistica della band, che l’interazione pinkfloydiana fra musica e immagine trova la sua massima espressione: dai primi esperimenti con Peter Whitehead nella Swinging London delle origini alla doppia collaborazione con Barbet Schroeder per More e La Vallée, dal rapporto con l’Antonioni di Zabriskie Point alla produzione del mitico Live at Pompeii, per culminare nell’epopea watersiana di The Wall (album, show e film, per la regia di Alan Parker): questo libro compie per la prima volta una lunga carrellata sull’universo immaginifico del gruppo, senza trascurare di indagare il tema anche nelle produzioni soliste di Waters e in quelle dei “nuovi Floyd” di Gilmour.
Cod: 9788862314886
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