Leo Strauss ha scritto che la nostra appare essere la prima epoca radicalmente ateistica nella storia del genere umano. Le conseguenze di tale situazione sono inconoscibili perché senza precedenti. Indietro non si può tornare perché il passato e le sue credenze sono state sbriciolate dal loro stesso disvelamento e dal progresso della ragione. Ma non è neppure possibile liberare uno spazio dello spirito così vasto senza sostituirvi, dopo il tragico fallimento dei totalitarismi novecenteschi, un principio esistenziale equivalente. Un principio che sia speranza di “salvezza”. L’uomo indifferenziato prova a mostrare come tale principio sia quello dell’indifferenziazione, un concetto che ha radici profondissime nell’uomo e che viene oggi a imporsi come paradigma politico, sociale e culturale. L’indifferenziazione è bisogno di eguaglianza assoluta, è immagine laica di salvezza per rimediare al dolore implicito nel semplice essere nel mondo come individui, ossia come esseri differenti che si relazionano, si confrontano, entrano in contrasto e progrediscono attraverso una costante distruzione creatrice. L’indifferenziazione tende quindi a emergere come principio curativo per spegnere la sorgente stessa del dolore generato dal confronto di ciascun individuo con gli altri e con il mondo. Perché il dolore, in ogni sua forma, diviene il male assoluto da eliminare a tutti i costi se non è possibile comprenderlo all’interno di una cornice che gli dia un significato. Ma quali potrebbero essere le conseguenze? Il libro, attraverso un percorso storico-concettuale, traccia le tappe di come il principio culturale e religioso dell’indifferenziazione stia assumendo le vesti di un inquietante destino dell’uomo. Prefazione di Raimondo Cubeddu.
Cod: 9788849872903
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